Molti dei tanti servizi giornalistici di indagine che denunciano scoperte di malaffare, si è visto, quando poi passano nelle mani degli investigatori o nelle aule dei Tribunali, finiscono con un nulla di fatto… Il problema è che il giornalista, dipendente di un editore privato, editore che nel 100% dei casi è un imprenditore edile, della sanità, delle automobili o un partito politico… non ha alcun dovere di fare una indagine asettica, che parta dalla presunta innocenza di tutti e arrivi, con prove inconfutabili, a tentare di ricostruire i fatti dai quali, poi, emergano delle eventuali responsabilità.
Così un semplice scambio di frasi lette su una intercettazione che ha avuto magari già da anni un nulla di fatto nelle aule della Giustizia, estrapolate dal loro contesto originale, vengono usate sugli articoli o sui servizi come se dietro ci fosse chissà quale organizzazione del malaffare.
Faccio un esempio banalissimo, ma che spero dia l’idea: se parlando con un amico al telefono del bene che si vuole alla propria famiglia io dicessi una frase come paradosso “Per i miei figli sarei pronto a rapinare la banca d’Inghilterra” e il giorno dopo sui giornali o su un servizio TV uscisse un titolo tipo: “Sventata la rapina del secolo: Marchetti pronto a rapinare la banca d’Inghilterra”, vi sembra che sia la stessa cosa ? Eppure quelle parole “pronto a rapinare la banca d’Inghilterra” che leggete o sentite addirittura proprio dalla mia voce, io le ho veramente pronunciate, ma se vengono estrapolate dal contesto in cui le ho dette possono essere usate per dare una comunicazione di tipo diverso.
Gli organi di polizia e l’Autorità Giudiziaria non possono fare ricostruzioni pindariche, non possono estrapolare frasi o arrivare a conclusioni “senza fornire prove”, c’è un contradditorio davanti al Giudice che sia in indagine o in udienza preliminare, esiste un Tribunale del riesame nel quale possono essere contraddette persino misure cautelari,…. E tant’è vero che persino le ricostruzioni dei fatti degli organi di polizia possono essere ritenute non sufficienti dai Giudici per incriminare o condannare una persona. Con i giornali no, c’è solo una verità, quella di chi scrive o quella di chi fa il racconto sui servizi tv, che non ha l’onere di fornire alcuna prova attendibile, che non ha alcun contradditorio dinanzi ad un organo super-partes che valuta e decide e sopratutto lascia gli stessi spazi ad accusa e difesa. Esiste una sola verità: quella di chi scrive l’articolo o parla nel servizio e noi, poveri lettori o utenti dell’etere, siamo li a subirle e a formare il nostro giudizio di colpevolezza sulle basi di un articolo o di un servizio che accusa una o più persone di qualsiasi cosa, senza possibilità di ascoltarne, alla pari, la difesa o di confutare personalmente le prove.
D’altronde ci hanno lasciato credere che i giornali o i servizi Tv siano il frutto dell’informazione e quindi siamo portati a dare fede ad una certa loro terzietà, come non ricordare che anni fa si diceva “Sta scritto sull’Unità” quasi a rappresentarne una verità di fede, ma invece è forse proprio (o quasi) come ha scritto Giuliano Ferrara su Il Foglio: “I giornali non sono organi di informazione, questo vale per la Gazzetta Ufficiale, sono vettori insidiosi di attivismo, strumenti rivoluzionari, produttori di mostri e angeli della politica e del conflitto.” (“Il quarto potere non è un clic” di Giuliano Ferrara – 07 Febbraio 2019 – Fonte: https://www.ilfoglio.it/cultura/2019/02/07/news/il-quarto-potere-non-e-un-clic-236580/ ).
E con ciò, sia chiaro, non si vuole togliere nulla al coraggio e alla memoria di quei giornalisti che, per scrivere le storie, hanno subito torture, attentati o sono stati uccisi.
L’obiettivo è invece quello di raccomandare ai lettori di leggere un articolo o vedere un servizio Tv per quello che è: una denuncia o semplicemente un tentativo di ricostruzione di un fatto, senza con ciò ritenere già per scontata che quella sia la (unica) verità !